Tu Tu Tu – Eugenio Bennato ( colonna sonora Totò Sapore )

Re
Tu tu tu se tu fossi una gallina
La
io vorrei diventare quella cesta
Si-
per raccogliere con delicatezza
La
le tue uova ogni mattina.

Tu tu tu se tu fossi una padella
io vorrei diventare focolare
riscaldarti con una fiammella
senza farti mai bruciare.

Si- Fa#-
E la favola è qui a portata di mano
Sol La
e ogni sogno così, sembra meno lontano…

Tu tu tu se tu fossi una carrozza
io vorrei diventare la tua strada
per sentire la tua leggerezza
e seguirti ovunque vada.

Tu tu tu se tu fossi una cometa
io vorrei diventare la tua scia
per andare nel cielo senza meta
e con te fuggire via.

E la favola è qui a portata di mano
e ogni sogno così, sembra meno lontano…

Tu tu tu se tu fossi una chitarra
io vorrei carezzarti con le dita
per potere sentire da vicino
la tua musica infinita

per potere sentire da vicino
la tua musica infinita…

Ho cercato gli accordi di questa canzone in internet senza trovarli. Allora ho imbracciato la chitarra e ho provato… La condivido, perché è un peccato non poterla suonare, un giorno, al proprio amore.

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Una storia per san Valentino ( un po’ in ritardo )

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Ciao mondo!!

Nuovo blog, con i vecchi post. Perché mai msn doveva rendere obbligatorio questo sfratto??? boh! ma comunque eccoci qui. vediamo come ci stiamo.

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Come finirà… – Un grido disperato

Forse sarà nel fantomatico 2012, o forse più tardi, ma vedo chiaramente come sarà. Le strade saranno spopolate da anni, ormai. La spazzatura – o, come l’hanno definita i giornalisti, monnezza – sarà dappertutto. Dentro e fuori ai cassonetti, sull’asfalto, sui balconi, sui tetti, sulle auto, nelle auto, negli appartamenti ormai svuotati di tutto, oggetti animati e inanimati.
Vuoti, sì… Da Formia ad Agrigento tutti avranno cominciato un lento, silenzioso, e doloroso esodo. Chi non lo potrà fare rimarrà a morire qui, e sacchetti di plastica neri gli faranno da bara. Ma l’inceneritore? chiederete voi. Sarà pieno di monnezza fin nella canna fumaria, tanto già ora, nel 2010, non funziona bene. Le mete storiche? Pompei? Ercolano? La Valle dei Templi? Tutti venduti a musei all’estero, abbelliranno il Louvre e il british Museum. Del resto siamo troppo gretti, troppo villici per capire l’arte e la storia; non a caso oggigiorno chiudono i nostri teatri e i nostri musei ( vedi il museo Madre e il teatro Trianon; occhio al San Carlo, che ogni tanto scricchiola ) e apostrofano i musicisti, che si son fatti davvero il mazzo quadro in conservatorio per amore della musica, come "parassiti della società". E i parchi nazionali? Saranno parchi di monnezza, nonostante siano protetti e tutelati. Tanto paghiamo le multe per il persistere recidivo dell’inutile Rete4, possiamo anche pagare multe per l’abbattimento di aree protette. Anzi, avranno anche pensato di passare qualche mazzetta ai chi di dovere per appiccare incendi dolosi in tutti i parchi! "Il parco Nazionale del Cilento è ridotto in cenere. Che peccato. Vabbè, poco male. Guagliù, scaricate ‘a munnezza accà! Facit’ambress!"
Chi potrà, prenderà biglietti per paesi lontani per se e per i suoi cari. Chi potrà più di altri, se sarà di buon cuore, comprerà biglietti di terza classe e, così come a Napoli esisteva la moda del caffè sospeso, si introdurrà il biglietto sospeso, un viaggio prenotato per chi in tasca ha più buchi che vuoti fogli filigranati.
Monnezza, monnezza, solo monnezza… Anche se è ingeneroso chiamarla così. Monnezza è un termine in napoletano: se facessimo un’indagine e tracciassimo la provenienza dei rifiuti, scopriremmo che è monnezza nostrana o bidume nordico?
Ingeneroso anche perché c’è chi della monnezza ha fatto un businness. E non parlo di chi, speculando, ha venduto le nostre terre per farne discariche, ma di chi ha saputo creare dalla spazzatura posti di lavoro e preservare risorse ambientali RICICLANDO AL 100% tutto il materiale smaltito.
E invece? Alcuni geniacci seduti su poltrone di prestigio allestiscono treni della vergogna, carichi di tonnellate di spazzatura che all’estero smistano, riciclano ed ESPORTANO NEL NOSTRO PAESE!!! Geniacci! E venite pure pagati, eh? e magari applauditi, no? Tanto di cappello.
E gli altri nostri compaesani? Come saranno messi?
Non benissimo. Buona parte dell’Abruzzo, L’Aquila compresa, non verrà ricostruito. Serviranno nuove discariche, del resto… Anche perchè a nord se la caveranno sempre col discorso di Roma ladrona, ma i romani la spazzatura del nord non la vogliono ed hanno già un paio di inceneritori saturi. Tanto gli aquilani sono zittiti puntualmente in ogni telegiornale, tra qualche anno l’Italia si scorderanno persino che sia esistito, l’Abruzzo.
A far casino anche quando a nord va tutto bene, nonostante le istituzioni diano loro sempre ragione, saranno sempre i leghisti. Il verde bile, del resto è il loro colore. Perché, allora, il cielo verde deve essere una prerogativa napoletana? Cielo verde, sì, per le esalazioni. Magrissima consolazione, per noi nuovi profughi di una terra che in tanti, ad oggi, nonostante il male che la attanaglia, ci invidiano, avranno sempre QUALCOSA DA INVIDIARCI! Sempre.

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Grande Fratello Letterario

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Cronaca di un giorno di normale foll(i)a

16 settembre 2010
Certi giorni nascono benedetti da una mano arrognata (leggi atrofizzata), suppongo. Te ne accorgi dalla mattina, e quando la sveglia suona alle 6 il problema è più che serio, perché la giornata sembrerà non finire mai.
Quel giorno però non guardai con sospetto ai primi due segnali d’allarme – il bigliettaio alla circumvesuviana che si era allontanato e che se la prende comoda per venirti a fare il biglietto e, in seguito, una corsa del treno cancellata. E la quiete della prima mattinata si è annullata di colpo verso le 11. Cominciò a circolare una voce, ed io preoccupato feci per andarmene per precauzione, ma mi son trovato di fronte ad un cancello sbarrato. Letteralmente. E con doppio giro di catena. Alzai gli occhi al cielo e mi misi le mani nei capelli, in una posa di molto simile all’Urlo di Munch: la metropolitana era chiusa per sciopero!!!!! Ed io, al Policlinico, in capo a tutta Napoli, come me ne torno????
La soluzione, purtroppo, sono i bus dell’ANM. Purtroppo…
E qui parte il conteggio delle sfighe.
1) Recatomi all’edicola per prendere il biglietto, non solo non avevano il quotidiano che cercavo ma, visto il mio biglietto da 20 euro, mi dice che non può cambiare, domandandomi se per caso non volessi acquistare qualche altra cosa, tipo altro giornale o ricarica. Datosi che non ero interessato ad altri giornali, optai per una ricarica, anche se non ne avevo bisogno. Dettai il numero, presi il resto e la ricevuta e ringraziai, aggiungendo non appena fui certo di essere abbastanza distante, un sentito ‘fanculo. Un’edicola che non ha resto? Mah…
2) Mi reco alla fermata del pullman e aspetto una buona mezz’ora prima che arrivi l’OF, che finalmente mi riporterà a piazza Garibaldi. Salgo sul pullman, e mi beo del fatto che facendo stazionamento si svuota, concedendomi un posto a sedere… Ma datosi che la sfiga in quei giorni è parecchio zelante, il pullman non riparte, e dobbiamo salire sull’OF che arriva subito dopo. Inutile dire che le mie chiappe hanno perso quel tanto benedetto privilegio…
3) Nel nuovo pullman non solo non si becca un posto a sedere, ma si sta pure costipatissimi, come in una pressa. Stando in piedi nei pressi del gradino di un posto a sedere, subisco gli effetti della gente che, da fuori, spinge per entrare, col risultato di farmi da via Bianchi a via Fontana in una postura storta come un punto interrogativo, col rischio di beccarmi un paio d’ernie del disco.
4) Immancabilmente durante questi viaggi a pieno carico succede che tra il suddetto pullman e un signore o, come è successo stavolta, una signora che aspetta ad una fermata, scocchi una scintilla d’amore e la signora decide seduta stante che chillo è e chillo adda essere! Per cui, noncurante della gente da dentro che protesta per il ritardo che provoca, si butta nella mischia, giudicando di essere tutto sommato entrata, nonostante stia sulle punte sul bordo del gradino e nonostante abbia tre metri cubi di culo fuori dall’ "area-bus". Datosi che a bordo non abbiamo cartelli di "carico sporgente" da appenderle dietro, il conducente è costretto a un’operazione di chirurgia plastica a distanza: con un continuo apri e chiudi delle porte rimodella le forme ridondanti del posteriore della dama. Dato che non si decide a scendere convengo che non solo è persa d’amore per il suddetto bus, tanto da travalicare i limiti dell’ostinazione, ma che il suddetto massaggio delle porte è anche di suo gradimento. Dopo minuti infiniti di apriechiudi, anche il culone viene fagocitato dal pullman, e si riparte.
5) Nel suddetto tragitto, una balenottera da 150 chili dall’aspetto molto grossolano fa sfoggio del suo accento puteolano con influenze torresi. All’ennesima fermata dove nessuno scende e tutti vogliono entrare, esasperata dalle continue pressioni di quelli di fuori, e dato che vicino a lei c’è anche una bambin,a esplode: " ‘A voulite fenraì o naò ‘e speignere?!?!? ‘ccà ce sta ‘na criataura,’a faciaìte comm’a ‘na souttilaèèèètt!" e aggiunge in seguito "E che m’saèèèèria!". Mi giro per guardarla, e subito ho un’illuminazione: ora so in faccia a chi sono emigrati i nei di bruno vespa.
6) Dopo innumerevoli peripezie arrivo a piazza Garibaldi, in tempo utile per prendere la circumvesuviana di ritorno. Poteva mai mancarmi un augurio di buon viaggio? Un tizio richiama la mia attenzione, mi giro verso di lui pensando che voglia chiedermi un’informazione. Sono stanco e provato, ma ho la lucidità sufficiente per passarlo allo scanner: jeans sporchi, maglia di una tuta con cappuccio, barba incolta, sorrisetto da figlio di buona donna, e mano chiusa a pugno con indice rivolto in su, nell’atto di chi mi deve chiedere un piacere. La previsione viene confermata dalle prime parole sue: "Me lo potresti fare una cortesia, gentilmente?" Qui in genere si usano gli avverbi di cortesia ( gentilmente, cortesemente ) come passepartout per ottenere lo scopo che ci si è prefissato. Capisco a volo che ‘a chiammata è a denari, alzo una mano in cenno di scusa e mi affretto a troncare: "Non ho niente." Mi giro e affretto il passo, cogliendo al volo lui che mormora sottovoce un machestrunz fintamente indignato. Rispondo tra i denti con il mantra di rito che si usa in questi casi: attèamàmm’tassòr’teazzìt’t.
7) Finalmente in treno! Mentre mi siedo mi accorgo che ho una fame da leoni e la mia testa prega che a casa ci sia qualcosa di buono per pranzo. I miei occhi fuggono indomiti tutt’intorno, però. E mettono la proverbiale ciliegina sulla torta di questa splendida giornata. Di fronte a me siede una signora over 50 – moooolto over 50 – bionda pagliericcio, fisicamente messa male, ma molto fiera di sé, dato che non ha rinunciato alla graziosità di indossare dei pantaloni rossi attillati che terminano poco sopra al ginocchio, lasciando intravvedere pelazzi straordinariamente lunghi. Non mi soffermo molto, ma… sbaglio o avevo colto una anomala arborizzazione, per trattarsi di peli? In un lampo metto a fuoco meglio: erano vene varicose…
E così anche l’appetito è sistemato.

Per concludere: nonostante da più parti sento dire che ANM sta per Azienda Napoletana della Mobilità, dopo una giornata del genere io sono sempre più convinto che significhino ANM D’O PRIATORIO!!!

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Cronaca (!!!VERA!!!) di una pseudo-posteggia on the train

E’ il 29 luglio, anno 2010. Entro nel treno che mi riporterà a Casalnuovo, prendo posto e mi accingo, come mio solito, alla lettura del libro che porto sempre con me per far sì che il viaggio scivoli via presto. Di fronte a me siedono due ragazze, entrambe cuffie nelle orecchie. Quella seduta vicino al finestrino – biondina, occhi chiari, maglietta rosa e pantaloni al ginocchio bianchi – tiene le gambe stese verso il posto a fianco al mio, vuoto. Nell’aprire il mio libro, prima di immergermi nella storia, annoto la sua espressione assorta e provata di chi ha avuto una pessima sessione estiva con l’università, buttando poi un occhio con piacere le gambe ben depilate, toniche e lisce che gridano “portateci al mare!”.
Il treno parte dalla stazione terminale della Circumvesuviana e si ferma alla fermata di piazza Garibaldi, dove entra tutto trafelato un tizio che punta il posto a fianco a me, vede le gambe della ragazza e domanda: “E’ libero?”
La ragazza ritorna dal suo empireo musicale al presente e ritrae le estremità, facendo sedere il tizio. Dal respiro affannato sento che ha fatto una corsa. L’ho guardato solo con la coda dell’occhio e subodoro la matrice tamarroide della persona. 
Passata la fermata di Poggioreale la voce registrata del treno annuncia: “Prossima fermata: Volla.”
Al che lui mi chiede: “Ah ma è un diretto?”
Io, sovrappensiero perché immerso nella storia che stavo leggendo, sulle prime non capisco il senso della domanda, tant’è vero che neanche io mi ero poi reso conto di essere salito su un diretto. Poco importa, la fermata di Casalnuovo c’è sempre.
La bella ragazza con i calzoni al ginocchio risponde per me: “Sì, è un diretto.”
“Ah, quindi arriva alle tre meno venti a Baiano?”
La ragazza, per il s^ e per il no, risponde che crede di sì.
“Bbuon, allora invece di arrivà alle tre e dieci arrivo alle tre meno venti. Bbuon accussì.”
Tipiche frasi inutili che chi pensa ad un abbordaggio usa per riempire il silenzio, penso io.
Prima che la ragazza possa riallacciare il suo legame spirituale con la musica dell’mp3, il tizio chiede: “Ma tu non sei di Baiano, vero?”
La ragazza, un po’ sorpresa per la domanda, fa cenno di no.
Oilloc, ohì – penso io – si va in scena! In genere domande del genere lasciano preludere cofecchie, o attaccar semplicemente bottone. Ma MAI mi sarei sognato che le mie orecchie avrebbero ascoltato quanto segue.
“Perché tieni una faccia conosciuta, per questo te l’ho chiesto. E di dove sei?”
Domande classiche dell’abbordaggio grezzo. Non stacco gli occhi dal libro: in genere mi imbarazzo anche per quei tizi stonaterrimi che vanno ad esibirsi a La Corrida per avere 5 minuti di gloria, figuriamoci a trovarmi a un palmo da un tamarroide in piena “danza dell’amore”.
“Diciamo vicino Nola.” risponde, un po’ restia, la ragazza.
“Ah ecco. Mi era parso di vederti ai Gigli di Nola.”
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Ai Gigli di Nola?!??!?!?!?!?!
“Ai Gigli di Nola?” domanda imbarazzata la ragazza. ( sono paragnosta, lo so )
“Si, io ci vado spesso. Mi pare di averti visto proprio là”
Non ho sentito rispondere la ragazza, ma non credo ne avesse intenzione. Con la coda dell’occhio percepisco che sposta lo sguardo fuori dal finestrino.
“Ma che state stanca?” insiste quello.
Lei non risponde. O è seccata o è in serio imbarazzo.
“La signorina è stanca!” decide lui, sornione “Che hai fatto, sei tornata da scuola? No, mica c’è più scuola, mo. Università?”
Credo che la “signorina” si sia concessa un cenno d’assenso con la testa, perché poi sento il tamarroide proseguire: “Si ricordi signorina: la vita è fatta di sacrifici e sudore, ma poi ti dona tante soddisfazioni.”
Sono capitato alla sagra del luogo comune?
“Per esempio, pur’io faccio una vita sbattuta, tutta di sacrifici, ma alla fine riesco ad avere i miei successi.”
E prima ch’io possa chiedermi cosa mai faccia nella vita costui, aggiunge: “Io faccio il parcheggiatore.”
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Ok, dove sono le telecamere di “Scherzi a parte”?
“Quello il parcheggiatore è un mestiere serio! L’euro te l’hea sapè faticà! Nce stann nu sacc’e guagliun ca pensano ca se mettono llà a guardà a machina e teneno a fatica pavata. Infatti non durano manco nu juorn. Io invece il cliente me lo aggarbo, ce faccio fa ‘a manovra, faccio a battuta, ‘o dong’a parlà. A volte si nun è un euro, son due euro! E faccio in media 60 euro al giorno.”
Qualcuno gli infili una ciabatta in bocca, vi prego!
“Tu di che parte di Nola sei?”
“No, sono vicino Nola. Non proprio Nola.” dice la ragazza, che comincia a esser divertita da questo bizzarro arnese.
“Ah ecco, diciamo Marcianise?”
“Non proprio. Cicciano.”
E il chionzo intanto ha ottenuto di sapere quello che voleva sapere, penso io.
“Ah ecco. Perchè io prima facevo un’altro lavoro. Facevo i panini a via ******, forse è lì che ti ho visto.”
In quel mentre gli squilla il cellulare. Guarda il display per vedere chi fosse, risponde: “Sono impegnato.” e riattacca, facendo l’eloquente gesto seccato che noi napoletani traduciamo in prosa come “M’he abbuffat’a guallera!”
E senza che nessuno, e sottolineo NESSUNO, gliel’abbia chiesto si mette a spiegare: “Questa è una mia amica. È divorziata e tiene un bambino. Ogni tanto mi chiede cocc cos’e sord. Ma già aier c’aggia dato 20 euro p’accattà ‘o llatte p’o figlio, mo che va truvann’a me? Comm’ se io nun teness’e problemi. Io sono divorziato e tengo una bambina di 2 anni…”
Non so cosa mi abbia fatto girare la testa alla mia destra, ma fu provvidenziale, perchè tra una cosa e l’altra ero arrivato a Casalnuovo senza accorgermene. Infilo la porta prima che chiude, per metà sollevato per essermi sottratto a quella conversazione da stillicidio sociologico e per metà rammaricato dell’essermi perso l’evolversi di questa improbabile “posteggia”.

P.s. 60 euro al giorno??????? che in un mese sono 1800 euro?!?!?!?!?!??! Esentasse?!?!?!?!?!? quando un povero cristo laureato deve fare 10mila colloqui per un posto di merda in un call center dove prende – se gli va beeeene – 4 euro l’ora?
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Guagliù, ma jamm’a ffà ‘e parcheggiatori!!!!
Capo!!! Avanti c’è posto!!!!
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Diffondete!!!

                                                                
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Lettera aperta a Sivio B.

Quando fai in modo che venga a mancare il corretto significato delle parole o, peggio, sopprimi i tentativi della gente di manifestare il suo malcontento, come quando chiudi le piazze per i tuoi comizi e consenti l’accesso solo ai tuoi sostenitori, di modo che nelle riprese televisive ti si veda attorniato di consensi e negare in senso assoluto che ci sia una frangia di dissidenti nei confronti del tuo governo, è lapalissiano che la prima cosa che viene in mente a un povero cristo è prendere un sanpietrino, una statuetta, una lattina o quel che capita per le mani e lanciartelo contro, perché chi ti è ostile, a quel punto, ha 2 opzioni: 1) prenderlo in culo ( cosa a te gradita – non mentire almeno su questo); prenderlo in culo con stile. Non approvo quel che è successo oggi, ma lo capisco.
Anche tu dovresti riuscire a capire un qualche cosa ( se la testa ancor t’aiuta): è già la seconda volta che una persona sceglie la seconda opzione ( ricordi la cavallettata? n.d.r.) e, tu che sei maestro di statistiche e numeri, dovresti capire che è indice di qualcosa.

Quando ti affidi a medici sapienti e artisti del make up che ti stirano la pelle, dissolvono le tue rughe e ti tingono i capelli, donandoti una giovinezza che non hai, è chiaro e cristallino che chi ti guarda – e parlo di tutti noi, TUTTI! – si dimentichino che hai vai per gli ottant’anni. Verso i vecchi in genere c’è sempre rispetto… Ma tu vecchio non lo sembri affatto.

Se intendo che in fondo tutto ciò te lo sei andato a cercare? e non per una, ma per ben due volte? Forse è così… Ti lascio il beneficio del dubbio.
Di un fatto sono convinto, però, e te ne voglio render partecipe: te ne stai cadendo a pezzi, sia come immagine che come testa. Un consiglio? con tutto il cuore, dimettiti… portati via tutto quello che ci hai sottratto, ma vattene. Goditi la ricchezza e i nipoti, sarai felice tu e loro più di te.
L’italia può farcela anche senza di te. Anche la tua città. Anche la tua squadra, nonostante oggi abbia perso 2 a 0.

Sul serio, vattene.

P.s. sinceramente? Il tipo di oggi, fino ad ora, l’ho invidiato perché mi ha rubato un’idea, anche se l’intenzione originale era un calcio nei coglioni. Ecco, solo poco fa mi son ricordato che sei vecchio. Non voglio vergognarmi ancora pensando di infierire su un vecchio. Vattene e chiudiamola qui.

Un cittadino ( non comunista )

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DA VEDERE E DIVULGARE!!!

 
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